Francesco Dandolo, Luigi Einaudi tra le due guerre. Questioni sociali e banche, Bancaria Editrice 2022
Con un saggio di inquadramento storico di Valerio Torreggiani e con la prefazione di Maurizio Sella
Il volume è il secondo dei tre nei quali si articola il progetto di ricerca affidato a Francesco Dandolo, docente di Storia economica presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, e volto ad analizzare il pensiero di Luigi Einaudi sull’associazionismo economico, con specifico riferimento all’associazionismo bancario.
Il periodo preso in considerazione è il ventennio che va dal 1919 al 1939, cioè gli anni connotati dalle lotte sociali che travagliarono l’Italia del primo dopoguerra e dall’avvento del regime fascista, che tanto profondamente incise, tra le altre situazioni, proprio sull’associazionismo economico, travolto dall’ordinamento corporativo.
In quegli anni le tematiche dell’associazionismo bancario si intrecciano con la più generale evoluzione del sistema creditizio italiano, il quale è oggetto di una serie di cambiamenti molto profondi. In tale quadro, l’attenzione di Einaudi non è più incentrata sull’associazionismo (che di fatto si andava spegnendo), quanto piuttosto sulle funzioni e sulle prerogative delle banche, nonché sulle modificazioni ordinamentali che le stanno interessando e sulle possibili ricadute sulla tenuta del sistema economico del Paese.
Nascono così le magistrali pagine sugli intrecci tra banca e industria e sull’intervento dello Stato nelle crisi bancarie e, più tardi, sulle caratteristiche del buon banchiere (la “difficile arte del banchiere”), sulle banche senza aggettivi, sulla compatibilità tra grandi e piccole banche, sulle specializzazioni temporali, funzionali e territoriali nell’esercizio del credito.
Peraltro, Einaudi parlando di banche parla di associazionismo o, meglio, della più importante funzione – quella della mediazione – da esso svolta. A suo avviso, infatti, si può stabilire un parallelismo tra il ruolo svolto nell’Italia liberale dalle “leghe” (dei lavoratori e degli imprenditori) e la funzione assegnata nell’Italia fascista alle banche in quanto custodi e amministratrici del risparmio inteso come bene nazionale. In entrambi i casi le funzioni di intermediazione risultano decisive, nell’intento di saper rappresentare interessi comuni e di saper contribuire a determinare ricadute positive per uno sviluppo armonico ed equilibrato dell’intera società.
In una parola, Einaudi – ed il volume puntualmente lo rileva e lo argomenta, anche grazie all’ampio e stratificato dibattito storiografico accuratamente ricostruito da Valerio Torreggiani – riconosce nel coinvolgimento di più livelli di mediazione (siano essi interpretati dalle “leghe” o dalle banche) la possibilità di dare coesione e progettualità al Paese.